ESCURSIONE SEZIONALE 2007 - MONTE PERALBA

Data: 
16.09.2007
Luogo: 
Sappada (BL) - Sorgenti del Piave

2007 - ESCURSIONE SEZIONALE AL MONTE PERALBA - SULLE ORME DELLA GRANDE GUERRA

“Senza il passato non si costruisce il futuro”. Con questo intervento conclusivo il nostro amato presidente sezionale Giovanni Gasparet, insieme al suo Consiglio, ancora nella primavera scorsa, ha dato il benestare all’escursione sui Luoghi della Memoria proposta dall’apposita commissione. Il Peralba era la meta, luogo di tragici eventi e di epiche gesta dei nostri padri Alpini e di molti altri combattenti nel Primo Confitto mondiale.
E’ ancora buio, sembra il cuore della notte, ma sono le 5,30 del mattino, i partecipanti arrivano ad uno ad uno e a piccoli gruppi. Saluto fugace di circostanza. Ci siamo tutti, si parte.
Destinazione Cima Sappada e poi su al rifugio Sorgenti del Piave. Siamo arrivati, sono le 8, iniziamo a camminare. Con la luce del giorno ed il calore della giornata, che si va delineando fantastica, si riscaldano anche i cuori. Apparteniamo a svariati gruppi della Sezione, tutti Alpini, molti non si conoscevano prima. Ma fin dai primi passi si familiarizza. Nascono spontanee battute e risatine. Qualcuno osserva: - sembra di essere sotto naja, tutti amici, tutti “fratelli”- Stiamo procedendo sul sentiero che porta verso il rif. Calvi, verso il Passo Sesis. Sopra di noi altera ed incombente la magnifica dorsale Sud del Peralba con le sue pareti verticali. In alcuni di noi scaturisce l’esclamazione: -ma io di qua ci sono già passato-. Eh già, quanti di noi hanno fatto il campo estivo passando per il Passo Sesis, per il Passo dell’Oregone, per la Val Visdende ed altre località intorno, durante il servizio militare?
Oltrepassiamo il rifugio sopra menzionato ed in circa un’ora giungiamo al Passo Sesis. Troviamo resti di trincee, di muretti, di fortificazioni. Sono ancora evidenti i segni della Guerra, la Grande Guerra. Sono passati 90 anni ma le ferite dell’uomo inferte alla montagna sono rimaste inalterate. Sono li a tramandarne per ogni tempo la memoria, a ricordare il sacrificio di quanti hanno combattuto. Il 28 maggio 1915 una pattuglia di Alpini salì fino al Passo e si spinse fino al Passo Castello dal quale dominava il Passo dell’Oregone. Non c’erano tracce di nemici. Nei giorni successivi gli austriaci provvidero a presidiare stabilmente il Passo Sesis con pattuglie giornaliere, senza tenerlo occupato. Il maggiore Piva, comandante il battaglione degli Alpini Dronero, venuto a conoscenza da un informatore dell’intenzione del nemico di occupare il Passo, dà l’immediato ordine ai suoi Alpini di anticipare il nemico. L’alba del 4 giugno gli Alpini partono per l’omonima valle e senza alcuna perdita da parte nostra, occupano Passo Sesis: Ove costruiscono un presidio fisso ed occupano pure la Spalla Est del Peralba dalla quale possono dominare il Passo del Castello ed il Passo dell’Oregone. La vicina postazione austriaca si sente minacciata. Pronta ed immediata fu la reazione nemica. La notte dell’ 11 giugno gli austriaci partono all’attacco, guidati dal caporale Fellner e dall’appuntato Lipoth, poi decorati di medaglia d’oro. Lipoth ed i suoi uomini attaccano frontalmente, Fellner con i suoi si arrampicano su una torre che sovrasta la Spalla Est e da lì colpiscono gli italiani. Poi annodatosi ad una fune si cala nel vuoto e lancia le bombe a mano sui nostri Alpini dove si erano riparati. Decimati, i nostri soldati sono costretti a ritirarsi ed il Passo rimase in mano austriaca. Oltrepassiamo il Passo Sesis, siamo sul versante Nord in direzione del Passo del Castello. Seguiamo il sentiero per un breve tratto, poi, bruscamente volgiamo a sinistra. Oltrepassiamo resti di trincee e postazioni che si mimetizzano con il mare di piastre scure e ferrigne e saliamo superando salti ripidi ed accidentati. Sopra di noi un imbuto detritico ci porta velocemente verso il crinale Nord Est. Continuiamo fino all’ultimo canalone e, aiutati da una corda metallica, arriviamo sulla dorsale nord del Peralba. Qui i segni ed i ricordi si fanno incalzanti. Siamo nel punto in cui rozzi gradini scavati nella roccia, una galleria e resti di attrezzature testimoniano la via utilizzata in guerra dagli austriaci per raggiungere la sommità del monte. Appena usciti dallo stretto colatoio troviamo la targa che ricorda Fabio Monti e, vicino, quella che ricorda la salita di papa Wojtyla. Il peso dello zaino sulle spalle costringe lo sguardo sui passi che, uno dopo l’altro, guadagnano il Sole. In breve, per facili rocce, giungiamo in vetta. Lì c’è una croce e una campana a ricordo, a monito, a suggellare il sacrificio di quanti hanno combattuto e perso la vita in nome della propria patria, in nome di un’ideale, in nome di un dovere.

Dopo aver occupato la Spalla Est, gli austriaci si sono affrettati ad occupare la cima del Peralba costituendo un presidio di venti uomini e collocandovi 3 posti di guardia: uno al termine della via normale (1° guardia); uno nella forcelletta vicina (2° guardia); uno nella parte Ovest (3°guardia).  La sera del 6 agosto 1915, il magg. Piva coordina un attacco congiunto del btg. Dronero (piemontese) e del btg. Volontari Alpini del Cadore (che accoglie Alpini da tutt’Italia) per la conquista del Peralba: un reparto di Alpini-alpinisti doveva scalare il Monte ed un battaglione doveva attaccare frontalmente verso il Passo Sesis. Però, all’ora stabilita, il reparto che doveva scalare il monte per il costone Sud-Ovest (chiamato poi “Via degli Alpini”) non riesce a caricare le bombe a mano lenticolari, indispensabili per l’azione. Forse per un difetto della gelatina esplosiva. Quindi sono costretti a rimandare l’operazione alla sera successiva. L ‘avviso di rimandare l’azione però non giunge al comando del btg. Dronero cui è affidato il compito dell’attacco frontale. Il mattino del 7 agosto le artiglierie aprono il fuoco sul Passo Sesis ed i reparti d’attacco affrontano il dirupato vallone salendo lungo i fianchi, a ridosso delle rocce per essere meglio protetti dal fuoco nemico. Le perdite dapprima scarse vanno progressivamente aumentando. Verso sera giungono in prossimità dei reticolati nemici e lì rimangono bloccati. Trascorrono la notte all’addiaccio sulle posizioni raggiunte. Il mattino del giorno 8 non ricevono nessuna notizia del reparto che doveva salire in vetta. Gli alpini rimangono sulle posizioni conquistate, protetti dai massi e nelle buche del terreno per tutta la giornata dell’8 agosto.
Nella notte del 7 agosto, il reparto degli alpinisti, fra cui: 12 Alpini del batt. Dronero, 5 volontari Alpini del Cadore, 3 bersaglieri e 2 fanti, più 2 guide del posto, finalmente inizia la scalata. Salgono scalzi per non fare rumore, si mettono le pietre in tasca per non farle rotolare. Giungono alla
30 guardia. Con un’azione a sorpresa la conquistano, uccidendo gli occupanti. Avanzano ancora nelle tenebre. Sono a pochi metri dalla vetta. Vengono scoperti. Gli austriaci aprono il fuoco. 11 combattimento si fa feroce, all’arma bianca, a corpo a corpo. Il maresciallo Berardengo, che comandava il reparto è ferito a morte. Il volontario Alpino Fabio Monti è colpito da una pallottola in fronte. Altri ancora cadono. La cima del Peralba è conquistata.  Ma la vittoria dura poco. Un reparto austriaco è salito da Nord in rinforzo. Si combatte da oltre un ‘ora. I nostri hanno finito le munizioni. Le artiglierie italiane che dovevano supportare l’azione, non sparano. Racconta il vercellese Edgardo Rossaro dei Volontari Alpini del Cadore: “...ma forze ingentissime tornano al contrattacco la nostra artiglieria che doveva impedirlo con fuoco di sbarramento, non sparò un sol colpo. Pare che non vi fossero munizioni o, peggio, che le granate fossero di calibro diverso e non entrassero nel cannone. Io registravo al telefono i moccoli del magg. Piva, le sue imprecazioni epiche...” Gli alpini sono costretti a ritirarsi lasciando sul terreno parecchi compagni. Significative sono le parole che scrisse Fabio Monti la sera prima dell’attacco: “...Oggi parto per una spedizione pericolosissima; l’avanzata sul nostro fronte è decisa e probabilmente il mio viaggio sarà senza ritorno... io sono felicissimo dell’onore che mi concedono di essere della partita. Se morirò, giammai avrei potuto sognare una tomba più bella, tra uno spettacolo di eccelse bellezze.. .Addio... Viva l’Italia!”

Dopo questa azione il Peralba rimane per intero e definitivamente in mano austriaca che alla sua difesa assegnò ingenti truppe particolarmente addestrate.

Ritti sull’attenti, abbiamo reso gli onori a tutti i caduti, abbiamo alzato i gagliardetti, i vessilli ed una bandiera tricolore. Con voce che in quel frangente sembrava d’incanto, uno di noi ha recitato la “Preghiera dell’Alpino” e poi in coro il canto- preghiera “Signore delle Cime”. L’atmosfera che si era creata era magica. Un lungo brivido percorreva per intero i nostri corpi. All’improvviso una leggera nebbia ci avvolge, una nuvola è salita da fondovalle. Un Vento di velluto si alza, quasi si riesce a toccano: sfiora le mani e gli occhi e spinge verso l’Alto il cuore. Come d’incanto si levano le mitiche note di Stelutis Alpinis cantate magistralmente da Giuseppe, Marco e Roberto, e a noi viene un nodo alla gola.
In silenzio iniziamo la discesa per facili rocce. Poi per sentiero fino al rif. Calvi dove ci aspetta una pastasciutta fumante. Al pomeriggio, con la serenità nel cuore e la consapevolezza di aver reso una testimonianza doverosa e giusta, scendiamo per un sentiero insolito, sotto le possenti pareti Sud, ancora nel cuore del Peralba che nel suo intimo custodisce gelosa- mente la storia del fiume Piave, sacro alla Patria. Giungiamo alla sorgente del Piave. Quella piccola pozza nella quale affluirono uniformità di ideali e di intenti, fino a formare quel grande fiume che è l’amore per la Patria e per il proprio Paese. Una guerra sul Piave e per il Piave divenuto nel tempo simbolo di vita e di libertà.
Volgiamo lo sguardo alla vetta che si staglia lassù contro il cielo. Sembra inviolabile eppure noi, oggi ci siamo stati. Le ombre del tramonto cominciano ad allungarsi e la cresta sembra brillare di luce propria. Ci ritornano in mente le parole di Italo Lunelli, medaglia d’oro, eroe di Cima Undici: “...ora il silenzio è tornato sulla montagna. Solo i nostri morti vegliano lassù... le vette sembrano irradiare una luce ineffabile. E’ la luce che lassù si accese col sacrificio dei caduti, luce che conferisce loro una bellezza spirituale e le rende a noi doppiamente care...”

Vorremmo tanto che questo pensiero rimanga impresso nelle nostre memorie e venga tramandato alle generazioni più giovani, affinché ogni volta che osservando questi monti che hanno visto il sacrificio dei nostri Padri, ne vediamo la loro Luce.Luce che illumini il nostro cammino verso una fratellanza sempre più duratura. Ci fermiamo presso la Sorgente, uno sguardo alla montagna impervia e selvaggia, le sue verticali pareti creano un contrasto inverosimile nel cuore e nella mente. Rivediamo giovani volti attoniti di fronte a tanto splendore e a tanto dolore. Giovani occhi spalancati nella tragedia. La vita prosegue oltre, spumeggiante, irriverente. Fortunatamente sotto il segno della pace. La vita pensa già al domani, quel domani dove le cicatrici del Cuore, sono solo le “esperienze del poi”. Scattata la foto ricordo, raggiungiamo le vetture e rientriamo in serata.

I partecipanti sono: Pessotto Bruno e Zanette Franco, Brugnera; Francescutti Giovanni, Casarsa San Giovanni; Celant Marco e Macuz Roberto, Fiume Veneto; Sandrin Ernesto e Trevisiol Paolo, Pasiano; Corazza Claudio, Viol Luigina e Vivian Franco, Porcia; Moro Franco, Rorai Piccolo; De Monte Sergio e Sacilotto Elisa, S.Vito al Tagliamento; Bisaro Giuseppe, Spilimbergo; Battiston Cristian, Battiston Giovanni, Battiston Renato e Cover Dino, Taiedo; Trama Adriano, Vajont.

 

Riferimenti...
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